Al seminario “Una biblioteca per amica: gli Amici della biblioteca”

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Avevo da poco compiuto vent’anni quando ho visitato la Biblioteca San Giorgio di Pistoia per la prima volta. Allora stavo seguendo i primi corsi biblioteconomici all’Università e, prendendo un poco di confidenza con gli ambienti ed il clima della San Giorgio, mi sentii confermata nelle mie aspirazioni: è proprio una bibliotecaria che voglio essere da grande, dissi tra me e me.

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Quasi sette anni dopo torno in quella che, come potete vedere da alcune delle fotografie che ho scattato agli spazi, non solo sembra essere un’isola felice ma si sta ormai affermando come un paradiso per le comunità di utenti a cui essa, grazie ad uno staff coi fiocchi, rivolge i suoi servizi. E ci torno non per impegni lavorativi, ma per un seminario di studi dal titolo Una biblioteca per amica: gli “Amici della biblioteca” tra volontariato culturale e cittadinanza attiva, promosso durante i mesi primaverili all’interno del circuito professionale, dove il tema del Volontariato innesca frequentemente confronti piuttosto accesi.

“Il seminario intende dare la parola ad alcune “buone pratiche” maturate in Italia, affinché possano contribuire a creare quella massa critica di esperienze condivise che potrà accrescere la significatività dei singoli interventi locali e farne motivo di ispirazione per altre realtà che vogliano intraprendere il medesimo percorso. L’occasione del seminario permetterà anche di ricercare le declinazioni più corrette della presenza dei volontari nelle biblioteche, chiamati non già a sostituire gratuitamente il personale professionale, ma ad esercitare nuove forme di partecipazione attiva alla comunità locale che meritano di essere esplorate in tutte le potenzialità che già mostrano di avere.”
Si legge alla voce “scopo del seminario”.  Ed effettivamente è andata proprio così.

Massimo Belotti, direttore di Biblioteche oggi, ha introdotto i lavori esortando tanto i presenti in platea quanto chi ha potuto seguire l’iniziativa in streaming a passare da una concezione tradizionale di utenza semi-passiva, consumatrice di servizi e risorse, ad una in cui l’utenza stessa partecipa alla vita della Biblioteca ricoprendo un ruolo di supporto e di difesa delle occasioni di socialità e accrescimento personale/collettivo che istituti quali Archivi, Biblioteche e Musei possono offrire attraverso la Cultura, leva sociale per eccellenza.

L’assessore alla Cultura del Comune di Pistoia, intervenuto successivamente, oltre a portare gli accalorati saluti del Sindaco assente ha aggiunto che la San Giorgio da “biblioteca per tutti” è divenuta “biblioteca di tutti”, grazie anche agli Amici della San Giorgio, che contribuiscono con grande passione e spirito civico a far uscire la Biblioteca dalle mura, allungando le braccia dei suoi servizi verso le comunità che vivono il territorio ma che, per svariati motivi, possono non avere provato un immediato interesse per ciò che è in grado di proporre la Biblioteca.

“Occasione di condivisione e socialità che non deve però minare il professionismo ma integrarlo” è come Sara Nocentini, Assessore alla cultura della Regione Toscana, ha definito il Volontariato, accennando alla “Magna Charta del Volontariato per i Beni Culturali” come strumento che consenta di gestire al meglio rapporti e ruoli, nel rispetto e dei cittadini attivi e delle professionalità, sottolineando quanto la gestione condivisa possa recare valore aggiunto di natura culturale e sociale.

La museologa Elena Pianea, Dirigente della Regione Toscana del settore Musei, è entrata nel merito della Magna Charta illustrandone soggetti coinvolti, storia e tempi di ricerca e sperimentazione in aree archeologiche e musei, pubblicazione e diffusione sul territorio regionale e nazionale. La realizzazione del documento, nato dall’aver notato difformità di attività da parte dei gruppi di volontari nelle varie realtà archeologiche e museali e definito come una “collazione di regole condivise e proposte di comportamento”, ha comportato fasi di sperimentazione di progetti supportati da appositi momenti formativi (incentrati su modalità di accoglienza, comunicazione e normativa sulla sicurezza) frequentati in contemporanea da personale tecnico-scientifico e volontari, così da animare lo spirito di collaborazione in entrambe le sfere di attori e per renderli consapevoli che, all’interno della struttura pubblica, “venivano dunque a trovarsi dalla stessa parte del tavolo”.

Sandra Di Majo, presidente della sezione Toscana dell’AIB, ha accolto l’iniziativa come una stazione di partenza per avviare riflessioni interne all’AIB sulla tematica in oggetto, sottolineandone la complessa articolazione: i compiti del personale e quelli dei volontari devono essere distinti ma tali sfere incontrano talvolta momenti di vulnerabilità rappresentati, ad esempio, dalle procedure amministrative vigenti negli enti locali che possono ostacolare i dipendenti nella attuazione e gestione di iniziative che invece possono essere curate direttamente dagli “Amici”.

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L’intervento di Antonio Galdo, giornalista e scrittore, ha fatto da quadro di sfondo al tema del seminario. Concentrandosi sulla necessità di definire nuovi paradigmi di sviluppo per affrontare il cambio d’epoca che stiamo vivendo, Galdo propone l’Economia della Condivisione come chiave di volta fondata sulle relazioni sociali ed umane che consentono di riscoprire la forza della partecipazione alla comunità, lontano dalle ideologie politiche che spesso hanno portato ad una mala gestione dei beni comuni. Per tal motivo, secondo lui, il dibattito sulla presunta nocività del volontariato è del tutto fuori luogo, anche e soprattutto perché “è necessario mettersi in testa che risorse umane ed economiche per gestire il settore pubblico non ce ne sono”. Il contributo dal basso risulta quindi essenziale a una nuova società della condivisione, come anche il fare rete per stringere relazioni che consentano, anche attraverso piccole donazioni, di sostenere il finanziamento di questo tipo di pratica sociale.

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Giovanni Solimine, docente di Biblioteconomia all’Università La Sapienza di Roma, è intervenuto via Skype soffermandosi sulle nuove parole chiave che stanno alla base della Biblioteconomia sociale: Advocacy, Fundraising, Accountability. Il Bibliotecario di oggi deve alzare la testa dai documenti e dai libri per guardare alla sua comunità di utenti, rivolgendosi loro con un atteggiamento amichevole. Documenti e servizi bibliotecari sono un veicolo per stringere relazioni e alleanze con l’utenza, relazioni e alleanze sono il più prezioso ed irripetibile valore aggiunto di ogni Biblioteca. La solidità di tali relazioni non può prescindere dalla qualità dei servizi, del cui impegno economico la Biblioteca deve rendere conto alla collettività. Solo così, superando il ritardo sul versante della comunicazione, le istituzioni culturali possono mobilitare energie a sostegno del fundraising.

Rossella Chietti, presidente degli Amici della San Giorgio, incarna proprio quel rapporto di fiducia e riconoscenza che una comunità di utenti soddisfatti può instaurare con la propria Biblioteca: una volta andata in pensione e avendo molto tempo a disposizione,  Rossella ha colto l’opportunità di rimettersi in gioco che la San Giorgio le ha offerto,  condividendo le proprie letture e le proprie conoscenze con gli altri per dare senso alla propria vita ed a quella altrui. “Mai – dichiara Rossella a nome degli Amici – l’amministrazione comunale ci ha chiesto di sostituire il personale nelle sue mansioni specifiche”.

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Massimo Coen Cagli, Scuola di Roma Fund-Raising.it, riprende parte dei concetti già affrontati da Antonio Galdo circa la cura dei beni comuni da parte delle associazioni di Volontariato (“scandaloso che nel mondo bibliotecario si possa ritenere che i volontari intendano sostituirsi al personale, è un’idiozia, un paradosso anche se è uno spauracchio giustificato da alcune situazioni critiche che effettivamente esistono ed è necessario chiarire”), che può davvero costituire un’occasione per produrre nuovo welfare se le Biblioteche accettano di rivedere la propria mission in nome di una società che ormai cresce secondo paradigmi diversi: le Biblioteche non hanno molti concorrenti in termini di strategie sociali, “perché non pensare di portare gli asili nido al loro interno e tra i loro servizi?”. Aggiunge, riprendendo l’intervento di Giovanni Solimine, che per fare fundraising la Biblioteca deve accrescere il proprio capitale relazionale facendo community e guadagnando fiducia da parte dell’utenza, grazie alla cui alleanza sarà poi possibile fare una politica sugli investimenti.

La vice-presidente dell’AIB, Maria Abenante, sottolinea quanto la sussidiarietà orizzontale possa integrare le potenzialità del servizio bibliotecario, e ricorda che dal sito web dell’AIB sono scaricabili le linee guida per l’impiego dei volontari all’interno delle biblioteche.

A questi primi interventi dei relatori è seguita una mezz’ora di tempo per consentire a chi volesse dire la sua della platea. Il presidente della delegazione CESVOT di Pistoia ha affermato che l’alto grado di disponibilità ed energia che circola nel campo può fare un salto di qualità ma, ha aggiunto, la realtà politica è sorda. Solo una persona, Natalia Piombino dell’AssoLettori della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, si è sentita di esprimere le proprie perplessità verso quanto era stato detto fino a quel momento, facendo presente quanto molte biblioteche statali e locali facciano grande appoggio sui giovani del Servizio civile per portare avanti le mansioni ordinarie che altrimenti sarebbero espletate con grandissima difficoltà (oppure non sarebbero espletate affatto), facendo poi riferimento anche alla vertenza dei precari operanti nel sistema bibliotecario fiorentino che però è stata smentita da una dipendente del Comune di Firenze anch’essa presente al seminario.

Dopo l’ottimo buffet che ha allietato la pausa pranzo, Paolo Traniello ha coordinato una tavola rotonda sulle esperienze di volontariato attivo nelle biblioteche storiche, statali e universitarie.

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Lorenzo Baldacchini (Università degli studi di Bologna) ha riportato la storia di quelli che furono gli Amici della Malatestiana, sottolineando quanto sia importante per queste associazioni definire chiaramente la propria progettualità (a chi intendono rivolgersi, con quali obiettivi, con quali strumenti) anche per riuscire ad attirare finanziamenti, punto su cui si è concentrato molto anche Giovanni Fracasso degli Amici della Biblioteca Palatina, sottolineando l’importanza dei finanziamenti da parte di privati anche per sostenere interventi di restauro, lamentando la difficoltà di non riuscire a coinvolgere i giovani in questo tipo di esperienza che attecchisce meglio su persone dai 40-50 anni in su.

Paola Zanardi, degli Amici della Biblioteca Ariostea di Ferrara, ha raccontato delle loro attività di divulgazione, protezione, sostegno e finanziamento (libero da sponsor) tanto di interventi di restauro quanto di borse destinate a tirocini per giovani neodiplomati e neolaureati: “in ventidue anni di impegno e di empatia nei confronti della Biblioteca in quanto Istituzione, non ci siamo mai intrecciati alle mansioni del personale dipendente”, e vale la pena ricordare la propositività del suo appello: “parliamo di capitale relazionale non solo per le Biblioteche, ma anche per le associazioni di Amici, così da creare una rete e consentire la circolazione delle informazioni al di là delle singole realtà locali”.

Anna Siekiera ha presentato la storia degli Amici della Biblioteca Universitaria di Pisa, chiusa dall’amministrazione locale dal maggio 2012 in seguito al terremoto dell’Emilia. Gli Amici della BUP sono prevalentemente studiosi che tengono alta l’attenzione mediatica sulla vicenda che, a parer mio, senza il loro operato sarebbe finita nel dimenticatoio. La BUP sconta la maledizione del proprio nome (si chiama Universitaria perché profondamente legata alla storia dell’ateneo pisano, ma è statale, di competenza del MiBACT) e, per confermare quanto espresso da Solimine, l’incapacità di aprirsi al resto dell’utenza cittadina non accademica, che oggi non percepisce minimamente il dramma della sua chiusura.

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Letizia Valli, responsabile del Multiplo di Cavriago, e Bianca Rosa Menozzi, rappresentante degli Amici del Multiplo, hanno presentato la felice esperienza del Multiplo: un centinaio di volontari dai 15 ai 70 anni mette in gioco le proprie competenze individuali per insegnare gratuitamente ciò che conosce bene a chi è interessato ad apprendere quelle conoscenze. Attraverso il protagonismo ed il senso civico attivo, la comunità ricorda all’amministrazione cosa ha valore per lei, così da mantenere l’attenzione sul bisogno sociale del Multiplo che, anche attraverso valida reputazione e importanti alleanze, raccoglie € 200.000 all’anno da aziende private che non ricevono in cambio alcunché: “Lo sviluppo non è solo questione di PIL ma anche di qualità, si tratta di garantire una vita buona” ha detto Letizia Valli.

Marilena Cortesini, bibliotecaria presso la Biblioteca civica di Cologno Monzese, ha ricordato quanto gli Amici possano essere un punto di riferimento per quegli utenti che, per varie ragioni di svantaggio, non si sono mai avvicinati alle tecnologie, così da istruirli ed aiutarli nel risolvere un gap.

Simona Turbanti, dottoranda all’Università La Sapienza di Roma, ha rievocato l’esperienza di volontariato professionale che, una volta laureata, fece al reparto automazione della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: ha ammesso di aver ricevuto, da quell’esperienza, più di quanto lei abbia dato come volontaria.

Altri interventi sono seguiti, tra cui quello di chiusura di Stefano Parise, ma il tempo che avevo a disposizione per rimanere a Pistoia era terminato e così ho abbandonato (a malincuore) la bellissima San Giorgio per tornare a Pisa.

Il seminario “Una biblioteca per amica” ha effettivamente dato spazio a testimonianze e spunti relativi ad esperienze di cittadinanza attiva protagoniste di un rapporto equilibrato con il personale dipendente negli istituti culturali ma, personalmente, ho avuto come l’impressione che fosse tutto troppo “bello”, tutto rosa e fiori, una realtà in cui sono le criticità a rappresentare uno sparuto nucleo di eccezioni alla regola e non il contrario. Ho percepito la mancata volontà di riflettere sulle criticità per dare interamente spazio a intenzioni e fatti lodevoli, che a mio modo di vedere si discostano da ciò che accade tanto in biblioteche pubbliche (statali, comunali, scolastiche, carcerarie), quanto in archivi, aree archeologiche e musei. Credo che queste esperienze lodevoli, a cui ho assistito non senza rimanerne commossa (impossibile non pensare alla propria realtà locale o ad altre assai meno fortunate in termini di risorse economiche, intuizioni e senso di appartenenza da parte dei cittadini), potranno rappresentare un paradigma per le altre realtà solo quando il grosso del morbo (quello cioè delle amministrazioni pubbliche che, per risparmiare sulla spesa e illudere i cittadini di non tagliare un servizio ordinario, lo mettono nelle mani di gruppi di volontari) sarà estirpato. Vorrei che fosse chiaro una volta per tutte che i professionisti (o aspiranti tali) non hanno niente contro i cittadini che, in gruppo o singolarmente, dedicano le proprie energie ed i propri saperi al bene della collettività ma non possono non notare le contraddizioni e gli sprechi (perché Antonio Galdo potrà pensarla come vuole, ma di soldi se ne sprecano ancora e ciò vuol dire che non sono finiti) diffusi in un Paese che da decenni non sviluppa uno straccio di seria politica occupazionale nel settore culturale. Dovrebbe far riflettere molto di più il fatto che sono una netta minoranza i giovani che prendono parte a queste esperienze con entusiasmo e continuità.

Penso che la lungimiranza, a causa dei diffusi casi di mala gestione, ha assunto la forma di un animale in estinzione: meglio un volontario oggi, che un lavoratore qualificato e stabile domani. “Il lavoro non era l’argomento di oggi”, potrebbe osservare chi era con me la settimana scorsa a Pistoia. Beh, se non se ne parla mai o lo si fa sempre attraverso le solite retoriche, avete ragione, non serve proprio a niente.
D’altronde, come le solite retoriche ci insegnano, l’Italia è una Repubblica fondata sul Volontariato.

Francesca Pisano